Ex FAQ Protezione deflagrante R. STAHL

FAQ – LE NOSTRE RISPOSTE ALLE VOSTRE DOMANDE

Le domande più frequenti sulla protezione antideflagrante

NELLE AREE A RISCHIO DI ESPLOSIONE E' POSSIBILE INDOSSARE LE MASCHERE FFP2?

Nelle aree a rischio di esplosione devono essere indossati esclusivamente indumenti conduttori. Le maschere FFP2 sono realizzate in materiale isolante e pertanto occorre valutare, se la maschera potrebbe accumulare una carica elettrostatica pericolosa. Tuttavia tale circostanza non dovrebbe verificarsi, se viene indossata secondo l'impiego previsto.

La maschera viene indossata direttamente sul corpo e pertanto si inumidisce. Ne consegue che la resistenza superficiale sul lato interno della maschera diminuisce rapidamente. La maschera FFP2 può essere quindi ritenuta un dispositivo conduttore e può essere indossata nelle aree a rischio di esplosione per le sostanze del gruppo IIA e IIB nelle zone 1 e 2, quando:

  • durante i lavori non si verificano processi che comportano l'accumulo di cariche intense,
  • sulla superficie della maschera FFP2 non vi sia alcun tipo di inserto o applicazione in metallo.

La maschera deve essere indossata e tolta al di fuori delle aree esposte a rischio di esplosione.

Occorre inoltre ricordare che le maschere FFP2 non proteggono da gas, vapori o carenza di ossigeno.

Ex FAQ Indossare maschere FFP2 in aree a rischio di esplosione R. STAHL

ULTERIORI FAQ PER LA VOSTRA SICUREZZA

1. NELLE AREE A RISCHIO DI ESPLOSIONE DEVONO ESSERE UTILIZZATI SOLO UTENSILI ANTISCINTILLA?

Ai sensi della norma EN 1127-1, le scintille generate dall'azione meccanica nei processi lavorativi di sfregatura, martellamento, levigatura o foratura rappresentano delle sorgenti di innesco. Se e fino a che punto è consentita la formazione di scintille causata dall'impiego di utensili, dipende dalla rispettiva zona di protezione e dall'infiammabilità delle sostanze presenti a rischio di esplosione. Nelle zone 0 e 20 è assolutamente vietato utilizzare gli utensili che possono generare scintille.

Gli utensili in acciaio inox, quali cacciavite o chiavi inglesi, durante il cui utilizzo si potrebbe generare normalmente solo qualche scintilla singola, ma che non producono sciami di scintille né superfici calde, possono essere impiegati nelle zone 1 e 2. Tuttavia ciò non vale per la zona 1, qualora dovesse sussistere il pericolo di esplosione a causa di sostanze del gruppo IIC (acetilene, solfuro di carbonio e idrogeno) oppure per via della presenza di acido solfidrico, monossido di carbonio o ossido di etilene. In questi casi occorre prendere misure particolari atte a evitare che si generino scintille incendiarie.

Nelle zone 21 e 22 è generalmente ammesso l'impiego di utensili in acciaio inox che durante l'utilizzo non generano sciami di scintille né superfici calde. Se ciò non può essere garantito, occorre rimuovere qualsiasi accumulo di polvere nelle postazioni di lavoro e isolare quest'ultime dall'area circostante. Inoltre, bisogna mantenere umido l'utensile durante l'utilizzo, così da evitare che la polvere si sollevi e si generino sorgenti di ignizione.

Pertanto gli utensili antiscintilla non sono prescritti di norma per le aree esposte a rischio di esplosione.Tuttavia, il loro impiego potrebbe essere utile in determinati casi. Viene però richiesta una valutazione dei rischi.

2. UN APPARECCHIO CON UNA MARCATURA PER GAS E POLVERE PUÒ ESSERE UTILIZZATO SENZA PROBLEMI IN ATMOSFERE CONTENENTI SIA GAS CHE POLVERE?

Quando si ha la presenza simultanea di polveri combustibili e gas o vapori infiammabili, si parla di una miscela ibrida. Tali miscele ibride possono avere altre caratteristiche critiche rispetto alle singole sostanze. Nell'allegato M della norma IEC 60079-14 sono elencate alcune avvertenze che devono essere tenute in considerazione. Poiché nella pratica la situazione può differire molto, è necessario stabilire delle misure idonee, effettuando una valutazione dei rischi. Gli apparecchi, certificati sia per le aree a rischio di esplosione di gas sia per quelle a rischio di esplosione da polveri, non possono essere impiegati in ambienti, in cui è presente una miscela ibrida, senza aver preso le dovute accortezze.

Le misure di protezione degli apparecchi (da un lato per i gas e dall'altro per le polveri) non escludono automaticamente la loro miscela. Ad esempio, la classe di temperatura di un apparecchio omologato per l'utilizzo in atmosfere con gas viene determinata senza tenere conto della presenza di eventuali strati di polvere.Gli accumuli di polvere aumentano, però, la temperatura superficiale di una custodia o degli apparecchi montati e di conseguenza aumenta anche il rischio di esplosione. Con le custodie resistenti alla pressione, esposte alle miscele ibride, sussiste il pericolo di accumuli di polvere in corrispondenza della fessura antipropagazione di fiamma. Infatti, in caso di esplosione interna, possono venire scagliate fuori delle particelle calde che, a loro volta, possono fungere da sorgenti di accensione. Per questi motivi, per poter impiegare gli apparecchi dotati di protezione antideflagrante in ambienti con presenza di miscele ibride occorre disporre di una perizia e un certificato di prova speciali.

3. UN APPARECCHIO OMOLOGATO PER AREE A RISCHIO DI ESPLOSIONE DI GAS PUÒ ESSERE UTILIZZATO SENZA PROBLEMI ANCHE IN AREE A RISCHIO DI ESPLOSIONE DI POLVERI?

No. Per atmosfere differenti valgono anche requisiti differenti per gli apparecchi. Ad esempio, con le scatole di derivazione in Ex e (sicurezza aumentata) è richiesta una protezione IP pari ad almeno IP 54; per le aree a rischio di esplosione da polveri viene richiesta una protezione IP 6X. Allo stesso modo, se si utilizzano custodie resistenti alla pressione (Ex d) in aree a rischio di esplosione di polveri possono verificarsi dei problemi, quando la polvere si accumula nelle fessure.

4. LE AREE A RISCHIO DI ESPLOSIONE DEVONO SEMPRE ESSERE SUDDIVISE IN ZONE, OGNI VOLTA CHE SI GENERA UN'ATMOSFERA A RISCHIO DI ESPLOSIONE?

Quando si genera un'atmosfera a rischio di esplosione non è sempre necessaria la suddivisione in zone. La classificazione in zone 0, 1 e 2 per atmosfere con gas, nebbia e vapore, così come 20, 21 e 22 per atmosfere con polveri infiammabili viene determinata per le aree in cui vi è una determinata probabilità che si generi un'atmosfera a rischio di esplosione, che possa essere innescata da una sorgente di innesco ed esplodere.

Sul livello di protezione necessario per gli apparecchi decide la probabilità che si generino miscele a rischio di esplosione. Quando l'atmosfera esplosiva si genera solamente in determinati momenti ben prevedibili, ad esempio quando viene aperto un recipiente, non è obbligatorio determinare una zona di protezione. Anziché definire la zona di protezione è possibile stabilire particolari misure di protezione per il periodo di pericolo nell'ambito di una valutazione dei rischi.

5. LE CLASSI DI TEMPERATURA E I GRUPPI DEVONO ESSERE PRESI IN CONSIDERAZIONE ANCHE NELLA ZONA 2?

Anche quando la probabilità che si verifichino atmosfere a rischio di esplosione è bassa, occorre prendere in considerazione le classi di temperatura e i gruppi. Questi ultimi giocano sempre un ruolo importante nella scelta degli apparecchi destinati alle aree a rischio di esplosione, poiché le indicazioni fanno riferimento a eventuali sorgenti di accensione in forma di superfici calde o energie con potere incendiario.

La massima temperatura superficiale di un componente elettrico deve sempre essere inferiore alla temperatura di innesco della miscela di aria e gas o vapore, in cui viene utilizzato l'apparecchio. Alcuni apparecchi sono omologati per la classe di temperatura T6 e quindi per l'impiego in ambienti con presenza di gas e vapori, la cui temperatura di innesco sia compresa tra +85 °C e +100 °C. Con questi gas la temperatura superficiale non può superare gli +85 °C. La classe di temperatura più bassa T1 consente l'impiego in aree con presenza di gas o vapori che possono infiammarsi a temperature superiori ai +450 °C.

Gas, vapori, nebbie e polveri vengono suddivisi in gruppi a seconda delle loro caratteristiche. Per semplificarne la scelta corretta, gli apparecchi vengono assegnati ai rispettivi gruppi di sostanze. Insieme alle classi di temperatura, i gruppi di apparecchi descrivono dunque la portata della protezione e la gamma di applicazione degli apparecchi. Ai sensi della norma IEC 60079-0, gli apparecchi per le aree a rischio di esplosione di gas (ad eccezione delle miniere a rischio di esplosione di grisù) vengono suddivise nei gruppi IIA (ad es. propano), IIB (ad es. etilene) e IIC (ad es. idrogeno). Sia le classi di temperatura che la suddivisione in gruppi devono essere prese in considerazione in tutte le zone.

6. GLI SMARTPHONE CON BATTERIA FISSA POSSONO ESSERE PORTATI ALL'INTERNO DI AREE ESPOSTE AL RISCHIO DI ESPLOSIONE?

No, perché ai sensi della Direttiva ATEX lo smartphone è un apparecchio e pertanto necessita di un certificato. Gli apparecchi non omologati, indipendemente dal fatto che abbiano una batteria fissa o meno, non devono essere introdotti in aree con atmosfere a rischio di esplosione.

Il motivo è che i telefoni cellulari generano dei campi elettromagnetici che potrebbero riscaldare, ad esempio, dei piccoli componenti metallici. Pertanto sussiste il pericolo che fungano da sorgenti di innesco. Nella norma EN 60079-14 viene specificato fino a quale potenza di picco i campi elettromagnetici degli smartphone non sono da considerarsi come sorgenti di innesco.

Anche le custodie protettive dei telefoni cellulari potrebbero rappresentare una fonte di pericolo, dato che spesso sono di plastica e potrebbero caricarsi elettrostaticamente. Di conseguenza, potrebbe verificarsi una scarica elettrostatica e la custodia fungerebbe così da potenziale sorgente di innesco.

7. PICCOLI APPARECCHI ELETTRICI, QUALI OROLOGI DA POLSO, CALCOLATRICI TASCABILI O APPARECCHI ACUSTICI, POSSONO ESSERE POTENZIALI SORGENTI DI INNESCO E PERTANTO DEVONO ESSERE TENUTI LONTANO DALLE AREE A RISCHIO DI ESPLOSIONE?

Secondo il parere del comitato 235 della commissione elettrotecnica tedesca, date la dimensione della cassa e la loro struttura, negli orologi da polso non si generano atmosfere esplosive, anche prendendo in considerazione condizioni particolarmente sfavorevoli. Pertanto gli orologi da polso elettronici, senza funzionalità speciali (ad esempio calcolatrici), non rappresentano un elemento di pericolo di esplosione nelle zone 1 e 2.Gli orologi a parete, invece, devono essere dotati di protezione antideflagrante (ad esempio con la marcatura II 2 G Ex e mb IIC T6).

Con gli apparecchi acustici, oltre alla tensione della batteria, occorre prendere in considerazione anche il rischio di innesco dovuto alla presenza di eventuali circuiti elettrici induttivi. Tuttavia il pericolo di innesco associabile agli apparecchi compatti intrauricolari è da considerarsi talmente basso che tali apparecchi possono essere indossati nelle zone 1 e 2, fanno però eccezione i relativi telecomandi.

L'utilizzo di calcolatrici tascabili in aree a rischio di esplosione, anche se funzionanti a energia solare, richiede una verifica caso per caso e la relativa omologazione, perché a partire da un determinato numero di celle fotovoltaiche potrebbero generarsi tensioni potenzialmente incendiarie.

8. SI POSSONO INDOSSARE GLI SMARTWATCH NELLE AREE A RISCHIO DI ESPLOSIONE?

Smartwatch, orologi da fitness, orologi GPS o dispositivi simili dispongono di molteplici funzioni, quali calcolatrice, connessione Bluetooth ecc. Pertanto ne è vietato l'uso nelle aree a rischio di esplosione.

9. CHE COSA SIGNIFICA LA "U" CHE SEGUE IL NUMERO DEL CERTIFICATO DI VERIFICA DI UN APPARECCHIO?

La "U" finale nei certificati di verifica, ad esempio PTB 09 ATEX 1107 U, indica che l'apparecchio è un dispositivo non completo. Questo tipo di certificato parziale, che viene emesso anche per le custodie vuote, non certifica l'apparecchio completo, bensì solo i suoi componenti. Perché? Perché (nel caso dell'alloggiamento vuoto) la verifica si limita solamente alle caratteristiche proprie della custodia e le istruzioni per l'uso riguardano solamente la custodia vuota.

La verifica del modo di protezione "a sicurezza aumentata" (Ex e) comprende, ad esempio, la tenuta e la resistenza della custodia, così come la resistenza termica dei materiali utilizzati. Questo certificato di verifica serve quindi solamente come base per la certificazione di un apparecchio completo.

Se la custodia dispone già di un simile certificato di verifica parziale, il produttore dell'apparecchio completo non deve sottoporre a verifica le caratteristiche della sua custodia. L'apparecchio completo necessita tuttavia di un certificato di verifica completo che, oltre alla resistenza termica, includa anche le condizioni di montaggio e il tipo e il numero dei componeti montati.

10. COSA SIGNIFICA QUANDO UN CERTIFICATO HA UNA "X"?

Una "X" finale, ad esempio PTB 09 ATEX 1109 X, indica che devono essere prese in considerazione condizioni particolari per l'installazione, il funzionamento e/o la prova dell'apparecchio. Tali condizioni sono annotate nelle istruzioni per l'uso. L'apparecchio è da considerarsi protetto contro le esplosioni, solamente quando vengono rispettate le condizioni specificate.

11. EX SIGNIFICA SEMPRE LA STESSA COSA ?

No, perché dipende da quale Ex è quella "corretta". Una custodia Ex d, ad esempio, deve resistere a una esplosione interna. Per questo non deve essere dotata di tappi di arresto in plastica. Questo tipo di tappi non può avere un'omologazione Ex d, ma può ottenere un'omologazione Ex e che attesta che la custodia è ermetica e resistente agli impatti. La resistenza alla pressione dei tappi di arresto in plastica (Ex e) non è stata testata. Ne consegue che non resisterebbero a un'esplosione interna.

12. NELLE SCATOLE DI DERIVAZIONE ELETTRICA EX E È POSSIBILE AGGIUNGERE AUTONOMAMENTE I MORSETTI?

Sì. Tuttavia, durante l'aggiunta dei morsetti occorre attenersi alle istruzioni per l'uso del produttore. Ciò significa che devono essere utilizzati solamente morsetti (ad es. di determinati produttori, con determinate dimensioni o classificazione) nei cui certificati è indicato il produttore. Inoltre, i morsetti necessitano di un certificato di ispezione, in quanto devono essere omologati come componenti per EX e. Perché? Perché le scatole di derivazione vengono testate in funzione di questi morsetti. Inoltre, è possibile aggiungere solo un determinato numero di morsetti. Nelle istruzioni per l'uso viene indicato anche il numero massimo di morsetti aggiuntivi.

13. PUÒ IL GESTORE ESEGUIRE AUTONOMAMENTE FORI E INSERIRE PRESSACAVI NELLE SCATOLE DI DERIVAZIONE ELETTRICHE EX E?

Questo è consentito previa consultazione con il produttore. Quest'ultimo specifica nelle istruzioni per l'uso i requisiti, ovvero, quanti fori sono ammessi su quale lato, le dimensioni dei fori e la loro distanza, affinché rimanga garantita la stabilità della scatola di derivazione. Tuttavia qualsiasi modifica successiva venisse apportata questa ricadrebbe sotto la propria responsabilità e dovrà essere verificata da una persona abilitata.

14. È POSSIBILE UTILIZZARE I PRESSACAVI EX D E I TAPPI DI ARRESTO IN CUSTODIE EX E?

I pressacavi e i tappi di arresto resistenti alla pressione possono essere montati anche nelle custodie Ex e. Infatti, ai sensi della norma, sono ammessi anche per l'utilizzo in custodie Ex e. Il contrario non è ammesso.

I pressacavi e i tappi di arresto in metallo (Ex d), applicati su custodie di plastica, devono essere dotati di messa a terra, così che non si abbia alcuna trasmissione di tensione nella custodia.

15. QUANDO OCCORRE UTILIZZARE PRESSACAVI EX D SIGILLATI CON UNA RESINA?

L'utilizzo di un pressacavo con resina è necessario, quando non è possibile attenersi ai seguenti requisiti:
- Il pressacavo deve essere certificato come un apparecchio (Ex d).
- Il cavo e i fili devono essere conformi ai requisiti specificati nella norma DIN EN 60079-14.
- La lunghezza minima dei cavi collegati e dei fili deve essere di tre metri.

16. QUANTI ADATTATORI EX D POSSONO ESSERE UTILIZZATI IN UN PRESSACAVO EX D?

Con un pressacavo Ex d è ammesso solo un adattatore, per garantire la resistenza alla pressione. Infatti, l'adattatore dà vita a volumi supplementari che possono creare pressione all'interno delle custodie.

Con i tappi di arresto non è consentito alcun adattatore. I tappi di arresto devono essere montati direttamente sulla custodia.

17. LA PROTEZIONE ANTIDEFLAGRANTE VIENE DETERMINATA ESCLUSIVAMENTE DALLA CUSTODIA?

La custodia è di fondamentale importanza nella maggior parte dei modi di protezione. Ad esempio, all'interno di una custodia resistente alla pressione (Ex d) può verificarsi un'esplosione che non si propaga all'esterno per via della custodia stessa. Con la pressurizzazione (Ex p), nella custodia viene creata una sovrapressione che fa in modo che all'interno della custodia non penetrino gas o polveri potenzialmente esplosive.

Occorre, però, prestare sempre attenzione alla energia dissipata nel complesso. Se nell'apparecchio sono montati troppi componenti, la custodia può diventare troppo calda e fungere così da sorgente di innesco. Pertanto, alla stregua della custodia, per la protezione antideflagrante giocano un ruolo fondamentale anche i componenti montati all'interno.

Esistono anche modi di protezione in cui non è solo la custodia a essere essenziale. Negli apparecchi con sicurezza aumentata (Ex e) anche i componenti montati devono disporre di un certificato Ex.